martedì 13 novembre 2007

Ravvedimenti

Fino a qualche giorno fa, degli account non pensavo un gran bene.
Per chi non lo sapesse, l'account è quella figura mitologica metà donna (raramente uomo, chissà perchè), metà cliente, nel senso che il suo ruolo principale consiste nel mediare tra le esigenze, appunto, del cliente e quelle dell'agenzia pubblicitaria per cui lavora. Per esempio la società X vuole pubblicizzare il formaggino y e decide di servirsi dell'agenzia z per ideare una campagna (video, radio, stampa, ecc.). Ma non parla direttamente con chi dovrà sforzarsi di trovare un'idea che la soddisfi, no, sarebbe troppo semplice. Parla con l'account. La parola inglese "account" in italiano ha tanti significati. Significa "conto", "valore","vantaggio". Nel gergo pubblicitario si traduce con "Capisco il valore delle vostre osservazioni, ma non c'è nessun vantaggio a far arrabbiare il cliente. È lui che paga il conto".
Perciò dimenticate la teoria dell'account trait-d'union- tra-creativi-e-cliente, perchè la pratica è account che-placa-l'irafunesta-dei-creativi-di -fronte-ai-deliri-del-cliente.
Si può dire che un bravo account non è tanto quello capace di far comprendere al cliente la validità delle proposte e dei ragionamenti partoriti dal reparto creativo ma quello che riesce a far digerire a quest'ultimo le schifezze richieste (imposte) dal cliente. Perchè poi il paradosso è che il cliente chiede all'agenzia, pagando, di inventarsi delle idee che per essere approvate devono essere uguali alle sue.
In questo tira e molla (loro tirano, noi molliamo), l'account è quello che di fronte alla headline "La tecnologia di domani, oggi." ti dice "Che ti costa toglierla? In fondo è solo una virgola". Oppure è l'essere angelico che, dopo che tu hai centellinato il peso di ogni parola, di ogni singolo pixel, con il candore di un bimbo che dorme ti dice "Il cliente vorrebbe (non dice "vuole", la subdola) il testo della proposta 1 con la foto della 2. Dai, in fondo non è così male". E tu lo fai, perchè lei te lo chiede mettendoti le mani a V sulla tua faccia che nitrisce, poi ti sbaciucchia riuscendo contemporaneamente a dire "graziegraziegrazie alloradicoalclientechestaseraglimandiamolanuovaproposta".
Sono le 18.
Tu vorresti rimetterti a sbraitare ma rinunci. Perchè hai maturato la convinzione che tu e loro siete due mondi troppo lontani per provare a stabilire un contatto. Fino a ieri. Fino a quando scopri che una di loro ha un blog, che ti fa ridere un sacco. E non per gli strafalcioni.

4 commenti:

Steve ha detto...

dobbiamo pensare che anche loro sono umani....anche se non si vede....
io cmq non scambierei mai la nostra posizione con la loro:
1. noi li cazziamo perché rompono le scatole
2. il cliente li cazzia facendo le richieste più assurde che loro
devono necesariamente esaudire
3. il capo li cazzia stroncandogli le presentazioni e chiedendo loro
di spremere sempre più soldi

Cmq la tua ricostruzione è perfetta, soprattutto sulla richiesta delle
18. Puntualissima!!!!!

punturo ha detto...

Io ero un account.
Ora sono un cliente.
Cos'è peggio?

Lo sapete, cari amichettolini creativi, che quando poi un cliente dice al creativo "fai il cazzo che vuoi, basta che poi mi porti una campagna disruptive, in grado di vincere Cannes, o che quantomeno non ti devi vergognare di parlarne con i tuoi simili, mettici pure una tigre in tanga giuro che te lo approvo" poi loro vengono con proposte sciatte e banali?
Giuro che succede!

Il poeta di sottofondo ha detto...

"Io ero un account.
Ora sono un cliente.
Cos'è peggio?"

mettiamola così
il cliente ci è
l'account ci diventa,
anche se all'inizio è animato dalle migliori intenzioni

un pò la differenza tra fascismo e comunismo :)

poi è chiaro, ci sono le eccezioni
tu ad esempio, sei un cliente che ha approvato questa http://poetadisottofondo.blogspot.com/2007/07/impatto-inevitabile.html

è evidente che non sei rappresentativo dell'universo di riferimento ;)

Il poeta di sottofondo ha detto...

volevo dire questa

www.promocard.it/press/show.php?id=2487